Il 21 marzo 1869, il fisiologo russo Aleksandr Herzen tenne a Firenze presso il Museo di storia naturale della Specola una conferenza popolare dal titolo inequivocabile: Sulla parentela fra l'uomo e le scimie. In quell’occasione furono discusse le prove anatomiche a favore della discendenza comune fra l'uomo e le grandi scimmie, pur con l’evidenziazione delle dovute differenze. Herzen cercò di sostenere la legittimità che poteva avere una concezione naturalistica dell'etica: non vi è degradazione morale nell'ammettere le proprie umili origini animali, ma al contrario l'orgoglio di essere arrivati, da soli, a significative vette intellettuali. La reazione contro lo «sconcio» scenario evoluzionistico manifestata da parte del senatore e abate Raffaello Lambruschini non si farà attendere: la scienza non può negare la teologia. Ne nascerà una polemica accesa, cui parteciperà prontamente anche il filologo Niccolò Tommaseo nel libello L'uomo e la scimmia, dove con feroce retorica antidarwiniana Herzen sarà definito «Mosè delle scimmie» e i praticanti della «scienza fetente» dell'evoluzionismo saranno bollati come «bestie».
Difficile, tuttavia, far recedere dalle proprie posizioni una comunità scientifica italiana sempre più proiettata ad accogliere i nuovi principi professati dai colleghi europei. Pochi mesi dopo tale dibattito viene fondato proprio a Firenze il primo Museo antropologico ed è istituita la prima cattedra di antropologia, tenuta da Paolo Mantegazza, il quale tenne ad intendere la nuova disciplina come una «storia naturale dell'uomo» interpretata in chiave darwiniana.
Ultimo aggiornamento
21.10.2022