Parlatore e gli altri membri della Commissione presentano alla Riunione degli scienziati del 1842 il progetto di un giornale botanico, dopo che già nella prima Riunione (Pisa, 1839) il barone Cesati aveva fatto una proposta in tal senso, e il capitano Bracht l'aveva rinnovata proprio alla Riunione padovana.
Nella Prefazione al primo volume (1844) Parlatore spiega con poche significative parole il senso del progetto. La Penisola versa in grave ritardo rispetto alla gran parte dei paesi europei: se storicamente in Italia "la botanica è stata forse quella che più di tutte ha avuto sempre abili cultori" adesso non appare molto popolare. Il motivo? "Di ciò forse si deve la cagione alla mancanza assoluta di giornali botanici, ed al perché i nostri scienziati han sempre scritto le opere loro in latino". Al contrario, in Inghilterra, Olanda, Belgio, Francia, Germania e "fin anco" in Svizzera i giornali di botanica e di orticoltura non si contano. Di un nuovo strumento che rimetta in moto e rinverdisca la gloriosa tradizione italiana c'è dunque bisogno: "si chiamerà Giornale botanico italiano, sarà scritto in lingua italiana meno le frasi diagnostiche", poggerà sull'amore della scienza e sul "decoro della nazione".
L'entusiasmo per questo progetto e la protezione di cui Parlatore gode a Firenze non potranno contrastare le difficoltà che i tempi più convulsi del Risorgimento avrebbero portato con sé: finanziamenti insufficienti, adesioni non molto numerose, i sospetti che inevitabilmente un progetto italiano generava determineranno l'interruzione del Giornale (1852). Solo nel 1869, sempre a Firenze e per l'impegno del grande botanico Odoardo Beccari esso risorgerà a nuova vita, come Nuovo giornale botanico italiano, e dunque legato fin nel nome all'originario progetto nato in seno alle prime Riunioni degli scienziati italiani.
Ultimo aggiornamento
06.10.2022